A grande richiesta (?), la traduzione della pagina del 5 marzo 2009, due post più in basso...
Segnalate eventuali errori, please.
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La scuola pubblica e laica... cronaca di una morte annunciata?
venerdì 13 febbraio 2009, di Mohamed El Bashir
Secondo l'OCDE [OCSE, Organizzazione per il commercio e lo svilupppo economico] le spese annuali per l'istruzione degli stati membri assommano a mille miliardi di dollari. Quattro milioni di insegnanti, ottanta milioni fra alunni e studenti, trecentoventimila edifici scolastici (comprese le università e gli istituti superiori degli Stati europei sono ora nel mirino del settore mercantile.
Per rendere disponibile questo mercato, occorre che gli Stati europei rinuncino ai loro impegni nel settore dell'istruzione e della formazione.
Da una trentina di anni i rapporti e gli scritti dell'OCDE servono a stimolare ed a guidare i vari governi nelle riforma dell'intruzione pubblica. I sostenitori di tale startegia sanno bene che occorrono molti sforzi e molta diplomazia con i responsabili politici per aver successo nello smantellamento della parte essenziale dell'istruzione come servizio pubblico.
L'istruzione nazionale francese non sfugge a questa "liberalizzazione" delineata da parte della UE nel 2001 nella [cosiddetta] Strategia di Lisbona.
Una strategia che affonda le sue radici nei lavori della Tavola Rotonda Europea degli industriali ERT (fondata nel 1983, gruppo di pressione padronale presso la Commissione Europea).
La ERT pubblica infatti, a partire dal 1989, un rapporto intitolato "Istruzione e competenza in Europa". In esso afferma senza mezzi termini che "l'istruzione e la formazione... sono considerati come investimenti strategici vitali per il futuro dell'impresa". Dopo di che deplora il fatto che "l'istruzione e la formazione siano sempre considerate come affare interno sia da parte dei governi che di coloro che [in merito] hanno potere decisionale. E si spiace che "l'industria non abbia che una debolissima influenza sugli insegnamenti impartiti".
[La ERT] spiega questa debolezza argomentando che gli insegnanti avrebbero "una scarsa comprensione degli spazi economici, degli affari e della nozione del profitto". E si impone la conclusione: industrie e istituzioni scolastiche devono lavorare "insieme per programmare il contenuto dell'insegnamento", e in particolare grazie a "l'apprendistato a distanza".
Nel 1991 la ERT fa un passo ancora più avanti affermando che "una università aperta è una impresa industriale e l'istruzione superiore a distanza è una nuova industria. Questa impresa deve vendere i suoi prodotti sul mercato dell'istruzione continua, regolato dalla legge della domanda e dell'offerta." (1)
La ERT vede gli studenti come "clienti" e i corsi come "prodotti". E sottolinea "la necessità di promuovere azioni per estendere la portata, l'impatto nonché le appplicazioni dell'apprendistato aperto e a distanza per mantenenere la competitività a livello di mercato globale". La "realizzazione di tali obiettivi richiede strutture educative" che "dovranno essere costruite in funzione dei bisogni dei clienti."
Nello stesso anno la Commissione pubblica un Libro Bianco sull'istruzione e la formazione (2) che risponde alle esigenze della ERT. Il 6 maggio 1996 i ministri dell'Istruzione dei Cinque decidono di "incoraggiare le ricerche sui prodotti e i processi di apprendistato, insegnamento e formazione inclusi, e sulla ideazione e creazione di programmi [informatici] educativi multimediali" (3).
Alla luce di quanto raccomanda la Commissione Europea, ciò che sta per essere rimesso in causa è l'accordo "formare il lavoratore, istruire il cittadino, educare l'uomo", accordo che traduceva, sia nel bene che nel male, il legame fra i valori ereditati dall'Illuminismo e l'interesse del capitale.
"Impiegabilità, flessibilità e mobilità" saranno le sole regole di una istruzione "mercantilizzata"
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Programmare l'insuccesso scolastico: riforma della scuola.
In Francia, il sorgere della mercantilizzazione dell'istruzione passa attraverso la ridiscussione del ruolo della scuola pubblica e laica. Nella memoria collettiva ereditata dall'Illuminismo, quest'ultima occupa uno spazio preponderante.Occorre infatti risalire fino a Condorcet (1791-1792) per rendersi conto del radicamento del concetto di istruzione pubblica come forgia del cittadino. E quindi essa è un grosso ostacolo per chi opera sul mercato ed smantellarla non è cosa facile.
Per riuscire a smembrare [la scuola pubblica], sono all'opera da trent'anni a questa parte un paio di strategie, una ideologica e l'altra politica.La strategia ideologica consiste nello screditare il conoscere, nello snaturarne lo scopo, nel distruggerne le basi di autorevolezza, nel confondere massificazione e democratizzazione. E in ultimo accollare alla scuola il grave peso della disoccupazione e della precarietà. Compito questo assegnato a certi pedagoghi, e la violenza fisica e verbale negli ambienti scolastici ne è uno dei sintomi.
La strategia politica, legittimata da quella ideologica, serve ad elaborare risposte alla "crisi cronica programmata" della scuola. E' questo il compito delle "riforme" dell'istruzione nazionale, dove la lotta contro l'insuccesso scolastico è il motivo conduttore di tutti i riformatori: L.Jospin, J.Lang, F.Bayrou, C.Allègre, L.Ferry e oggi X.Darcos.
Sia che vengano da destra o da sinistra, le riforme agiscono su due fronti: lusingando spudoratamente sia il"cliente-allievo" che il "genitore-utente", queste [riforme] depauperano i programmi e abbassano i livelli di richiesta di qualità dei risultati scolastici, accompagnando il tutto con il corollario diminuizione oraria dei corsi / soppressione di posti.
Spesso una lusinga è tanto più efficace se si accompagna al discredito di un "presunto avversario": l'insegnate e il suo status sociale e morale.
A questo proposito, C.Allègre ha primeggiato. Mentendo platealmente sulla rilevanza dell'assenteismo fra gli insegnanti (12% al posto del valore ufficiale del 5,4%), mette in programma lo "smagrimento del mammut". Una espressione che echeggia quella del Primo Ministro A.Juppé, "grasso cattivo", usata nel 1995, per giustificare la soppressione di posti nella funzione pubblica
Mantenere l'Istruzione Nazionale in stato di crisi, questa sembra essere lo scopo delle riforme ministeriali, e come prima conseguenza la crisi di fiducia nella scuola pubblica. E' l'inizio di un processo di divorzio dal "cliente utente".
Si fa un altro passo con la soppressione di 11200 posti di insegnante e di molte classi delle elementari.Fatto ancora più grave, l'attuale Ministro dell'Istrizuone Nazionale stigmatizza, come i suoi predecessori, l'insuccesso scolastico nel pubblico mentre "...l'istruzione privata ha dato prova della sua capacità di accogliere dei pubblici [alunni provenienti dall'istituzione pubblica] tanto diversi, compresi alunni in difficoltà, e di proporre loro una pedagogia e un inquadramento tale da permetter loro di riavvicinarsi al successo scolastico..."(4).
Di più; di fronte alla crisi della scuola nelle periferie, X.Darcos chiama in aiuto la scuola privata, perché ".. la loro bravura troppo spesso non può varcare le porte della periferia poiché rifiutiamo di dar loro i mezzi che permettono di rispondere alla domanda. Io sono il ministro dell'Istruzione in tutte le sue forme e voglio offrire alle famiglie la stessa libertà di scelta della quale dispongono le famiglie dei centri urbani." (4).
E in grande scioltezza, il Ministro annuncia alla scuola privata la buona novella: "...Da quest'anno sarà istituito nel bilancio dell'Istruzione Nazionale un fondo di intervento specifico,
, per finanziare le spese di gestione delle istituzioni private che accetteranno di aprire classi nelle periferie. Mi prefiggo un primo obbiettivo per il rientro 2008, la creazione di cinquanta nuove classi private nelle periferie, abbinando ogni volta che sia possibile questi progetti di apertura di classi con i convitti di eccellenza.[una sorta di collegio per superstudenti, vedi qui: http://snipurl.com/djkdy ]." (4)
Ad un tale intendimento si accompagnano misure che permettano di "sciogliere i vincoli che pesano sulla ripartizione degli organici fra pubblico e privato, al fine di permettere a tutti i genitori che lo desiderano di iscrivere i loro figli ad una scuola sotto contratto." (UMP Programma pesidenziale, Istruzione scolastica)
Questa volontà ministeriale di creare scuole private nelle periferie chiarisce il tono dei discorsi del Presidente della Repubblica a Latran, quando questi dichiara che "... Nella trasmissione dei valori e nell'apprendimento della differenza fra bene e male, l'insegnate non potrà mai sostituire il pastore o il parroco, anche se è inportante che se ne avvicini, perché a lui mancherà sempre la radicalità del sacrificio della propria vita e il carisma di un impegno fondato sulla speranza."
Toccherà [ora] al rabbino ed all'imam di provare se sono all'altezza dei loro colleghi cristiani: la scuola è loro aperta.
Distruggere la credibilità della scuola pubblica e laica e incoraggiare la scuola privata si accompagna all'abdicazione da parte dello Stato al suo ruolo di garante di una istruzione pubblica di qualità. E questo è compito devoluto alla decentralizzazione. Perché, come afferma il vecchio ministro dell'Istruzione, L.Ferry, "A questo riguardo l'istruzione non potrà sfuggire ai processi in seguito ai quali la Repubblica si decentralizza." (5)
E per finire, e per rompere l'unità e la legalità della scuola pubblica, i riformatori annunciano l'autonomia degli istituti al fine di "instillare quello spirito di impresa e di innovazione che manca." (C.Allègre, febbraio 1998)
A conti fatti, la pianificazione sociale sta all'impresa come la riforma sta alla scuola: la prima annuncia ai salariati licenziamenti e ristrutturazioni o chiusure delle loro aziende, la seconda, soprressione di posti e smantellamento della scuola pubblica.
Nel nome della modernizzazione e dellà competitività capitalista, [la parola] riforma è diventata sinonimo di regresso.
(1) Rapporto sull'istruzione superiore aperta e a distanza, 24 maggio 1991(2) Libro Bianco sull'istruzione e la formazione. Insegnare e apprendere: verso la società della conoscenza.(3) Rsoconto del Consiglio per l'istruzione, 6 maggio 1996(4) Discorso di Xavier Darcos: Piano Speranza Periferie 2008, 14 febbraio 2008(5) Lettera a tutti quelli che amano la scuola, pag.133 - Luc Ferry, Ministro dell'istruzione Nazionale.